Una rappresentazione della schizofrenia tra la condanna dei messaggi di odio e, dall'altra parte, le politiche guerrafondaie e il sostegno o l'approvazione delle atrocità quotidiane contro gli indifesi. E quale ruolo gioca l'“intelligenza” artificiale in tutto questo. Autore: Stefano Isola
Sunto
Viviamo in un’epoca assai singolare, caratterizzata, tra le altre cose, dalla paradossale concomitanza tra due movimenti opposti: da una parte, le liturgie mediatiche di adorazione del feticcio dei “diritti umani”, in cui si prevedono “commissioni contro l’odio” e conseguenze penali per la semplice espressione di sentimenti naturali, comitati etici e agenzie per la protezione delle vittime; dall’altra, politiche di impoverimento e segregazione sociale, attuate durante la vicenda Covid19, e, più recentemente, politiche ferocemente guerrafondaie dei governi occidentali sotto l’ombrello NATO, con gli annessi esercizi di ferocia quotidiana a spese degli inermi e le azioni terroristiche contro i civili compiute alla luce del sole, dove il vittimismo diviene un grimaldello per accedere ad una brutalità senza confini. Questa dissonanza cognitiva e questo brutalismo dai tratti patologici si incardinano efficacemente con il calcolo inconsapevole della cosiddetta intelligenza artificiale, l’insieme delle macchine e dei programmi che, senza soluzione di continuità, incarnano i dispositivi di morte della guerra robotica e quelli per la “buona gestione” della vita in un numero crescente di ambiti della società civile